Nel numero scorso, abbiamo sospeso la nostra riflessione su cosmo e poesia alludendo a quel mistero, che la poesia custodisce e difende. Credo valga la pena ripartire proprio da qui, perché è uno dei luoghi privilegiati dove poesia e studio del cosmo si possono davvero incontrare.

La parte di non essere è usualmente più libera, meno ingombrata, meno carica di pregiudizi e posizioni prese. Il vuoto del resto – la fisica moderna ce lo insegna – è tutt’altro che una zona morta, ma a guardarci bene è un pullulare di vita incredibile, un continuo zampillare di particelle che poi si annichilano rapidamente solo per riformarne altre, continuamente diverse, con mirabile abbondanza e ricchezza d’invenzione. Insomma, il vuoto quantistico è tutt’altro che vuoto, anzi è proprio il modo di intendere il vuoto una delle cose che più distingue la fisica moderna da quella classica. Da come guardi una mancanza, si capisce come guardi tutto, potremmo dire.

Sul non essere, sul non sapere, deprivato d’ogni caratteristica negativa, ci si può incontrare davvero. In questa zona morbida, libera, ariosa, abbandonata ogni pretesa di conoscere come stanno le cose, evacuata ogni contesa sul ciò che sia più importante, finalmente ci si parla di nuovo. Come poteva mai la scienza dell’Ottocento dialogare davvero con la poesia, quando essa stessa era semplicemente troppo piena di sé?

Rimane celebre l’infelice frase dell’astronomo Simon Newcomb (1835-1909), “Probabilmente ci stiamo avvicinando al limite di tutto ciò che è possibile conoscere sull’astronomia”. Bene, c’è quasi dell’ironia nel constatare cosa accadde subito dopo tale improvvida conclusione: il mondo fisico veniva ben presto scosso alle fondamenta con l’arrivo della relatività, prima, e poi della meccanica quantistica. Con esse e con le questioni enormi che aprivano, rientrava nell’indagine del cielo – erroneamente percepita come un gioco di cui ormai si conoscevano tutte le regole – una carica esplosiva di mistero tale da ridefinire le regole e ridistribuire le carte.

Sì, il cosmo non era più quel gioco di forze, azione e reazione, di cui si poteva – in prospettiva – pensare di guadagnare una conoscenza completa. Nell’epoca dell’ombra, dell’arte astratta, della poesia in versi liberi, della psicanalisi, nel secolo scosso da due terribili guerre mondiali, dove tutti le utopie illuministiche di progressiva auto-elevazione dell’uomo a supremi modelli di virtù franavano miseramente nel sangue delle bombe e nello strazio delle trincee, in quest’epoca un universo semplice e lineare chiudeva per sempre il sipario e al suo posto si faceva spazio un cosmo densissimo di mistero e abitato da forze e da campi fino a quel momento totalmente sconosciuti.

Eraclito, olio su tavola di Hendrick ter Brugghen, 1628, Rijksmuseum (Amsterdam)

Ora che siamo di fronte, come già si accennava, ad un universo di cui la materia ordinaria rappresenterebbe appena il 5% del totale di massa-energia, lo spazio del mistero si fa davvero enorme. Energia oscura e materia oscura, il 95% del tutto, non si vedono e non si toccano, non sappiamo cosa siano. Eppure, sono di importanza cruciale, influenzano il modo delle galassie ed il destino stesso dell’universo – ancora ignoto – sarà determinato dalle loro proprietà. Aveva proprio ragione Eraclito, “L’armonia nascosta è più importante dell’armonia manifesta”. Quel che è più importante, nel cosmo, non si vede, resta misterioso.

Il mistero è da sempre la vera casa della poesia, ecco perché ne parliamo. La poesia che da sempre onora il mistero dei corpi celesti, ne rispetta la loro funzione reale che è quella di accompagnarsi discretamente al cammino dell’uomo. Così si esprime Tiziano Broggiato, vincitore del Premio Frascati Poesia 2024, in Prima del sonno

Quando il sole splenderà
molti più anni del previsto
e i ricordi sgomiteranno
per prendere il posto di quelli
che si sono rivelati soltanto
degli appiccicosi sogni,

sarà la generosa luna
affacciata sul giardino del ieri,
e provenendo perciò da un’altra vita,
a indicarci il luogo da cui
si riuscirà a percepire il cielo
anche senza vederlo.

Tiziano Broggiato, “Sorvoli” (Luigi Pellegrini Editore, 2023)

Se il sole splenderà molti anni più del previsto sarà però la generosa luna, che appunto, proveniendo da un’altra vita ci garantisce esistenza e consistenza della parte di mistero, per noi indispensabile per vivere. Questa altra vita è di fianco alla nostra, non si vede, ma è fondamentale, per la rotazione dei nostri giorni, per il nostro destino ultimo. La luna ci indicherà il luogo e lo potrà fare soltanto perché viene appunto da una vita che non è questa, non è la vita come ci accade di pensarla e purtroppo a volte di viverla, la vita esautorata dal mistero.

Così cantava Franco Battiato nella canzone Il movimento del dare,

Giardini e notti ci attendono di nuovo
nell’anno che verrà
l’oscurità non ci fa più paura
ormai

Accogliere il mistero, nella poesia e nella scienza, allenta la paura, fa respirare. E proprio in questo spazio sacro, ogni arte e ogni scienza ritorna a dialogare. E noi, forse, a sorridere.

Contributo pubblicato sul numero di marzo 2024 di Frascati Poesia Magazine

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